LA NOSTALGIA

I ricordi arrivano e ti colpiscono come un pugno.

A volte siamo impreparati.

Giustamente passiamo le giornate preoccupandoci del qui ed ora, tipo ‘cosa faccio stasera per cena?’ o ‘come faccio oggi a portare il cane dal veterinario e contemporaneamente a ritirare la pagella di Marco?’;  per quanto mi riguarda il massimo del futuro che riesco a programmare è nell’ordine di una settimana. Di più vado in paranoia. E se un dubbio mi attanaglia o una preoccupazione non mi fa dormire, penso: ‘Ce la farò, come ce l’ho sempre fatta’. Non funziona proprio sempre, eh, però ci provo. Ma questo riguarda il presente e quel poco di futuro che riesco a mettere in conto.

Il passato è un po’ più difficile: con quello ho sempre un conto aperto, che poi sembra una cosa incredibile, ma mi è più difficile affrontare i ricordi belli che quelli brutti.

I brutti ricordi si elaborano, si impara a conviverci, a volte li seppelliamo sotto tanti strati di altri ricordi, come un paio di calzini logori in un cassetto pieno di calze nuove e a volte è questione di sopravvivenza dimenticarlì là in fondo. Dovremmo imparare a buttare subito i calzini bucati e non a tenerli nel fondo di un cassetto, solo perché ci siamo affezionati. Però in un certo modo i ricordi dolorosi ci ricordano chi siamo, cosa abbiamo sbagliato, ci impartiscono delle lezioni, se sono stati errori nostri. Se invece sono solo fatti che ci sono accaduti, indipendenti dalla nostra volontà, possono essere l’esempio di come ce la siamo cavata anche quella volta.

Ricordo che da bambina ero attratta dalla fiamma di una stufa a Kerosene in cucina, mia mamma mi avvertii: ‘Guarda che brucia’, ma io ostinata ci appoggiai tutto il palmo della mano, su quel vetro, con quella bella fiamma. Mi  bruciai e ovviamente non ho mai più toccato la stufa. Con i brutti ricordi faccio esattamente lo stesso, so che bruciano, quindi al massimo li guardo un po’ da lontano, ma non mi ci avvicino mai più di tanto. Men che meno me li giro tra le mani.

Però mi sono accorta di non avere tanti anticorpi per i bei ricordi!

Incredibile, vero?

L’altro giorno ripulendo un armadio ho trovato tra guide turistiche e varie cartine un’anonima busta bianca. L’ho aperta, mannaggia a me!  Ma quando si fanno le pulizie bisogna farle bene, sennò tanto vale non farle.

E un bel ricordo mi ha colpito dritto in faccia.

Sbam! Un diretto in pieno muso. Che male… Le lacrime sono scese da sole, con quel classico pizzicorino all’angolo degli occhi, accompagnate dal groppo alla gola.

Una foto, un bel momento, un attimo felice di una bella vacanza. Quella bella, perché scorrazzavo in giro la mia bella pancia di 6 mesi, già evidente, e sentivo il mio bambino fare le capriole. Quella spensierata, perché ancora non sapevo nulla delle varie problematiche che mio figlio presentava. Quella felice, perché ero innamorata del papà del mio bambino e tutto sembrava perfetto.

Ho pensato diverse volte proprio a quel preciso momento nei mesi e anni a venire perché ho realizzato che ero stata molto incosciente. Avevamo visitato le miniere di sale di Salisburgo: cunicoli stretti  nelle viscere della montagna, una zattera sul lago sotteraneo, una trenino su rotaia che si snodava lungo un percorso e poi… quel brivido dello scivolo e una macchina fotografica che ti immortala mentre scivoli a 20 km orari. Pazza. Incinta di sei mesi lo feci anche io e solo dopo mesi realizzai che se fosse accaduto qualcosa proprio in quel momento ci sarebbero state buone probabilità di perdere mio figlio. Ma non ci  pensavo in  quel momento, non potevo prevedere nulla di tutto quello che sarebbero accaduto di lì a pochi mesi e negli anni a venire.

16 agosto 2005. Il momento perfetto. Una foto dimenticata, di cui non ricordavo nemmeno l’esistenza. La gioia sui nostri volti.

Sono giorni che mi rigiro questi pensieri nella testa. Penso e ripenso alle reazioni che si hanno ai bei ricordi. Poi ho realizzato che ho avuto solo nostalgia. Forse se oggi la situazione fosse diversa non proverei questa emozione, farei solo un sorriso e proverei disappunto per l’incoscienza, ma nulla più.

E ho capito un’altra cosa: è stata l’immagine. La potenza della fotografia. La luce nei nostri occhi. Il sorriso. Anzi le risa, perché stavamo ridendo! Lì davanti a me, come se fosse ora. Sono cosciente di avere molti ricordi bellissimi, ma vederli è un’altra cosa. Non vi è mai capitato con la foto di un vostro caro, che non c’è più? O con le foto dei bimbi quando erano piccoli o di viaggi indimenticabili?  Sicuramente ricordate tutte le persone care e i migliori momenti; fanno parte del vostro bel bagaglio di vita, cose belle che vi hanno fatto bene, ma l’istante in cui la foto, meglio se di carta, si materializza tra le vostre mani, la nostalgia è subito dietro l’angolo!

Eppure lo devo ammettere, non è un dispiacere provare nostalgia.

Anche Cocciante con la sua famosa canzone ‘Chiara, celeste nostalgia’ ce la descrive con due aggettivi freschi, piacevoli, positivi. Chiara e celeste. Qualcosa che fa pensare al cielo, all’aria che respiriamo. E io credo che l’amica sia proprio lei, la nostalgia.

Amore più grande, amica mia
cara celeste nostalgia
un’ora, un giorno, una vita
che cosa vuoi che sia, che sia?

Avere il privilegio di provare nostalgia significa avere vissuto qualcosa di così bello, che ricordarlo può far male. Ma così, impastati di ricordi belli e brutti tentiamo di farci largo nella vita di tutti i giorni, cercando di evitare i colpi bassi e di ricostruirci i momenti felici. Per avere il privilegio fra molti anni di avere ogni tanto momenti di tenera nostalgia.

Intanto rimetto la foto tra le pagine di un libro.

Chissà che non sbuchi nuovamente tra una decina di anni, così all’improvviso, per regalarmi la nostalgia dei miei trent’anni.