SERRE DI ONCINO: UN PAESE FUORI DAL TEMPO, tra pietre e rose

Serre di Oncino: i suoi abitanti, il paesaggio, la storia e curiosità.

Dopo la bellissima ma stancante vacanza a Madrid e l’emozionante esperienza a Roma per il Junior Camp, io e Marco avevamo bisogno di un  periodo di relax.

Mi sono così messa alla ricerca di un luogo in montagna, possibilmente fuori dalle mete troppo turistiche  e poco distante da Genova.

Ho chiesto alla mia amica Ivana, che abita a Torino e ha un bel blog. Ricordavo alcuni articoli scritti da lei sui paesi della Valle Po e sulla Transumanza. Se volete vedere belle immagini della zona potete andare a visitare il suo blog, La mia Fotografia!!

Così la mia scelta cade sulla zona dal lei consigliata.

Apro Airbnb, noto sito di ricerca per case e appartamenti per vacanze e cerco un host che accetti anche i cani, certa che anche loro apprezzeranno le gite in montagna. La mia prenotazione andrà a Da nonna Daniela a Serre di Oncino e quello che mi colpisce nella descrizione dell’alloggio sono “casa totalmente indipendente di recente ristrutturazione con tutti i crismi delle baite alpine e invidiabile vista del Monviso”. Contatto, prenoto, pago. Voilà. Il 10 luglio partiamo: io, Marco , Pico ed Elli.

SERRE DI ONCINO: UN PAESE FUORI DAL TEMPO, tra pietre e rose
come arrivare a Oncino

La prima cosa che mi colpisce, poco dopo l’arrivo, è che è come se in questo posto il tempo si fosse fermato. Il paese, Serre, nome antico Lou Sere, è una piccola frazione di Oncino, che è esattamente  sul versante opposto della vallata, al di là del torrente Lenta, e si snoda per poche centinaia di metri sulla strada principale, dopo un’ampia curva, e termina esattamente di fronte alla chiesa di Sant’Anna.

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Chiesa di sant’Anna
SERRE DI ONCINO: UN PAESE FUORI DAL TEMPO, tra pietre e rose
Cartello di Lou Sere, antico nome di Serre

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dietro alla chiesa, solo i boschi.

Le testimonianze che ci richiamano al XX secolo sono davvero poche: un tavolino e una sedia di plastica, qualche auto parcheggiata, qualche parabola seminascosta. La rete mobile del mio cellulare non riceve quasi da nessuna parte e, devo essere sincera? Ne sono felice! Avevo bisogno di disintossicarmi dai social, seriamente. In valigia ho messo alcuni libri e sono certa che non mi annoierò.

Conosco Franco, il proprietario della casa in cui alloggerò e scopro che lui abita esattamente nell’altra parte di casa e si rende subito disponibile per qualsiasi nostra necessità. Franco mi piace da subito,a pelle, un sorriso gentile e accogliente. Un viso aperto. Una bella persona. Conosco a poco a poco, in pochissimo tempo, anche gli amici di Franco, Rosangela e Nazareno e capisco che la loro è un’amicizia di lunghissima data, complice il paese che li ha tenuti uniti. Mi raccontano delle loro estati e dei loro inverni, quando ci si lavava i denti alla fontana e non faceva paura uscire con la neve per passare dalla cucina alla camera da letto, poiché le case, qui, hanno le scale esterne e per cambiare ambiente devi uscire!

Rosangela mi ha mostrato molte foto della loro giovinezza e con una punta di nostalgia mista a rimpianto ha sussurrato: “Pensavamo di avere tanto tempo, invece è volato”. Capisco il suo sentimento,che inizia ad essere anche un po’ mio, però sono certa che Serre custodisce ancora tra le sue pietre e le sue case i ricordi delle loro risa e dei bei momenti spensierati. Serre custodisce il segreto delle amicizie durature, quelle vere, sincere, che al giorno d’oggi sono così rare. Noi, abituati all’usa e getta, restiamo meravigliati di fronte alla testimonianza di sentimenti così radicati, amore, amicizia, e anche di fronte all’imperitura resistenza delle pietre, di cui sono fatte le case di Serre e delle sue rose di cui sono adorni tutti gli angoli.

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Il collage delle rose è composto da me, con tutte le foto che ho scattato ai cespugli di rose. Ero estasiata, ad ogni angolo ce n’è uno.Sono bianche, o rosse, rosa, screziate, cespugli alti fino a tre metri con grappoli di fiori stupendi. Mi hanno detto che sono piante antiche, che sono lì da tempo immemore. Io ho solo scoperto la specie, sono Rose Chinensis, una varietà molto robusta e adatta alle basse temperature, la cui caratteristica è l’ampia varietà di colori e la resistenza, oltre alla durata delle fioriture. Queste pietre e queste rose ci sussurrano il tempo trascorso.

 

SERRE DI ONCINO: UN PAESE FUORI DAL TEMPO, tra pietre e rose
vecchie case

Se chiudi gli occhi, la sera, ti sembra di vederli, gli abitanti di 50 anni fa, o di 100 anni fa, uscire di casa con il buio e con il ‘lanternin‘ per la ‘Velhà’. La notte avvolge tutto, il buio è totale, la neve è alta, il freddo pungente, ma loro escono dopo cena per fare la Veglia, per socializzare, per ballare con gli zoccoli e cantare.

La Veglia si fa nelle stalle, d’inverno, alla luce dei lumi appesi, le donne lavorano a  maglia o fanno gli scapin (calze) , gli uomini intrecciano ‘La Cabacco‘, gerla per il trasporto del fieno e altro in montagna. I ragazzi fanno all’amore, inteso nel più ben romantico modo di corteggiare la ‘bloundo‘ preferita.

Gli anziani raccontano storie di ‘Masque‘ (streghe) e di ‘Fantine‘, creature mitologiche con sembianza umana femminile, piccole, pelose e con il vezzo di sostituire i loro bambini con quelli delle donne, tranne poi pentirsene e restituirli con un biglietto: “Arlé mielh lou miou brut brut que lou tiou bél bél”, che è abbastanza comprensibile, ma ad ogni modo è il vecchio detto: ‘ogni scarafone è bello a mamma sua’.

Il periodo della Velha era lungo, andava da ottobre a marzo. Il detto recita così: ‘la nouncia maco la Velha’, ‘L’Annunziata  (il 25/3) ha ammazzato la Veglia’. Allora si doveva tornare nei campi o sui monti, a lavorare.

Questo raccontare storie era molto importante per tramandare un’antica tradizione orale e trasmettere il patrimonio culturale delle comunità montane che purtroppo sta per perdersi. Ho letto con piacere tutte questi antichi usi e tradizioni in alcuni libri, trovati sul mio comodino: uno a cura di un’associazione nata per ricordare e trasmettere ai posteri: “Voù Recourdàou”, l’altro di Gianni Aimar, oncinese (scomparso nel 2006) e appassionato dei suoi luoghi di origine e delle sue genti: “Gente di Monviso”, raccolta di articoli comparsi su Corriere di Saluzzo. Tra i vari libri tutti dedicati alla montagna e ai suoi attori inconsapevoli vi è anche questo, Un segno lassù: Piloni votivi e dipinti murali in Alta Valle Po. La ricerca condotta da Aimar ha permesso di rilevare, nei comuni di Paesana, Crissolo, Oncino e Ostana,  ben 265 opere d’arte fra affreschi, dipinti murali e piloni votivi, alcune delle quali riconducibili al XV-XVI secolo. 

E’ una  testimonianza enorme e anche nel libro da me letto ne denunciava la trascuratezza e l’abbandono. Io vi mostro cosa ho potuto fotografare  a Serre e a Ostana.

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Affreschi murali in alta valle Po

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Come vedete in quest’ultimo in alto è dipinta la data: 1864.

Anche questo rimanda senz’altro indietro nel tempo, in quanto è davvero difficile trovare un certo tipo di arte se non nelle chiese, in tempi più moderni. Si può supporre fossero voti.

Al calar della sera tutto si fa silenzioso. La notte avvolge ogni cosa. Si odono solo i malinconici campanacci delle vacche e l’impetuoso fragore del Lenta, primo affluente del Po, in fondo alla gola, e del torrente Frassaia, più vicino. Solo le lucciole, meraviglioso incantesimo naturale che riempie di stelle il sottobosco, illuminano il buio totale, ma girare l’angolo fa paura comunque. Restiamo qui, al silenzio, per scoprire se le nuvole dispettose ci lasciano vedere il maestoso Monviso. Se l’ultimo sbuffo di vapore si toglie potrò vedere il Re in tutta la sua maestosità.

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Monviso e nuvole

E finalmente!

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Notturna, Monviso

Ho notato che la gente del Monviso ne parla come se fosse un essere vivente. Lo umanizzano parecchio, affibbiandogli aggettivi come dispettoso, capriccioso, furfante. Questo suo nascondersi e giocare a nascondino con le nuvole lo rende misterioso e affascinante. Ma se il cielo è terso ci appare con tutta la sua maestosità e allora capisco anche le parole di grande rispetto e timore reverenziale che hanno verso di lui.

Il Monviso è il  Re di Pietra.

La montagna è un mondo e il Monviso ne è un simbolo. (cit. Diego Bona, Vescovo di Saluzzo)

Come il Monviso è il re di Pietra, così i sui abitanti sono forti come le pietre, ma cordiali e anche inaspettatamente dolci, da cogliere una rosa da portare sulla tomba di chi non c’è più e si è tanto amato.

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Rosa di Serre di Oncino

Sul Monviso vi racconterò questa storia.

Correva l’anno 1478 e Ludovico II, Marchese di Saluzzo, stufo di pagare dazio ai Savoia per le merci che entravano attraverso le Alpi, decise di accordarsi con la Provenza, allora sotto il Re di Napoli Renato D’Angiò  per ‘bucare’ il Colle delle  Traversette a 2.882 mt e creare un tunnel adatto allo scambio delle merci. La prima vera opera di ingegneria in alta montagna.

Nasce così nel 1481 il Buco di Viso ,la Galleria del sale, lunga 75 metri. Doveva essere alta quanto un uomo in groppa a un mulo e larga da poter lasciare passare un asino con due carichi di sale pendenti ai lati. Andata e ritorno. Dalla montagna al mare e viceversa.

Per che sia stato scavato a suon di ferro, fuoco, acqua bollente e aceto. E comunque ci hanno messo meno loro che a far la metropolitana a Genova!

Per via delle vicissitudini politiche e strategiche il Buco di Viso visse periodi alterni di apertura o di completo abbandono. Tra il 1837 e il 1907 fu mantenuto aperto, seguì un periodo di oblio e bisogna aspettare fino al 1973, data in cui i Lions Club di Torino fecero ripristinare la mulattiera e infine il 1997 in cui l’intera galleria fu ripristinata.

Ad oggi è percorribile interamente.

Così almeno adesso ho capito perché le acciughe sotto sale sono un piatto tipico di queste zone, oltre alla ben nota Polenta, che un detto Oncinese vuole far risalire nell’origine del suo nome alla fusione del Po con il suo primo affluente il Lenta. Sarà vero?

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Piatti tipici: dolce con mirtilli, lardo, antipasto con acciughe salate e salsa verde, formaggetta e salsa rossa, polenta con più condimenti.

La nostra avventura in Alta Valle Po continua…

Leggi il prossimo articolo.

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